CREMONA
Chiesa dei Santi Omobono ed Egidio

Organo di anonimo settecentesco (attribuito a Gaetano Picenardi)

restauro effettuato da "Inzoli Cav. Pacifico & Figli" di Bonizzi F.lli nel 2004



Straordinario concerto all'organo della chiesa di S. Omobono in Cremona:
Venerdì 1° maggio 2015 alle ore 16
il Touring Club Italiano
promuove il concerto dell'organista Paolo Bottini
il quale suonerà repertorio cremonese dal Cinquecento all'Ottocento
tratto dal suo ultimo c.d. dedicato a
Il settecentesco organo della chiesa di S. Omobono in Cremona
e la musica cremonese dal 2014 al Cinquecento


Il settencentesco organo della chiesa di S. Omobono in Cremona
e la musica cremonese dal 2014 al Cinquecento

un C.D. di Paolo Bottini


Per conoscere il programma musicale contenuto nel c.d. e la presentazione del medesimo, cliccare sopra questa riga evidenziata in giallo.

Per ordinare una copia del c.d. con l'organo di S. Omobono (euro 12, spese spedizione incluse), scrivere una lettera elettronica a organicremonesiCHIOCCIOLAaruba.it




Organo a trasmissione meccanica, collocato in cantoria posta in presbiterio in cornu Epistolae, entro cassa lignea indipendente dalla struttura muraria, costruito da Autore anonimo del XVIII secolo. Prima del restauro, l'organo conglobava materiale fonico originariamente appartenente allo strumento “Falletti” della chiesa di S. Marcellino in Cremona, ora accantonato il vista del ripristino di quest’ultimo.

Lo strumento è stato restaurato dalla "Inzoli Cav. Pacifico & Figli" di Bonizzi F.lli con sede in Ombriano di Crema (CR) nel 2004.

SCHEDA TECNICA

Una tastiera di 45 tasti (Do1-Do5), ricostruita nell'intervento di restauro, con prima ottava scavezza, collocata a finestra. Trasmissione meccanica sospesa. I tasti diatonici sono ricoperti in bosso, con frontalini lavorati a semicerchi concentrici, quelli cromatici sono in ebano.
Pedaliera scavezza a leggio, ricostruita nell'intervento di restauro, di 13 pedali (Do1-Fa2) costantemente unita alla tastiera, più un pedale per il Rullante.
I registri sono inseriti da pomoli a tiro in noce tornito disposti in unica colonna a lato destro della tastiera.
Cartellini manoscritti su carta pergamena, rifatti in occasione del restauro.
Tipologia somiere maestro: a tiro.

Disposizione fonica:

Principale
Ottava
Quintadecima
Decimanona
Vigesimaseconda
Vigesimasesta
Vigesimanona
Cornetta (dal Do#3)
Flauto in Duodecima
Voce Umana (dal Do3)
Contrabassi

Ritornelli delle file di Ripieno:

XV non ritornella
XIX Rit. Fa#4
XXII Rit. Do#4
XXVI Rit. Fa#3,4
XXIX Rit. Do#3,4

Corista: 452,8 Hz sul La3 del Pincipale 8, alla temperatura di 23,6°C e con umidità relativa del 54%.

Pressione del vento: 54 mm. in colonna d'acqua.

Temperamento: Vallotti.

Lo strumento conta un totale di 455 canne.




Per ordinare una copia del c.d. con l'organo di S. Omobono (euro 12, spese spedizione incluse), scrivere una lettera elettronica a organicremonesiCHIOCCIOLAaruba.it






SS. EGIDIO E OMOBONO (p.zza S.Omobono)

Secondo la tradizione, la chiesa venne eretta nel 1120 dal vescovo Oberto con il titolo di S.Egidio. Nel 1363 vi venne aggiunto quello di S.Omobono patrono di Cremona, che qui vi trovò la morte il 13 novembre del 1197. La chiesa venne rinnovata nel XVI secolo per opera degli architetti Guglielmo e Bernardino De Lera i quali edificarono il tiburio ottagonale ed aggiunsero i contrafforti lungo le pareti laterali. Nel 1602 la facciata venne rifatta dall'architetto Giuseppe Dattaro il quale la ripartì entro lesene tuscaniche in cotto, che incorniciano le superfici rivestite da un bugnato semplice e interrotte dalle nicchie entro cui sono alloggiate le sculture romaniche raffiguranti S.Omobono, a destra, ed il Vescovo Sicardo a sinistra. Il corpo centrale è ravvivato dall'elegante portale sormontato da un frontone arcuato, con finestra a serliana nella parte superiore. Conclude il corpo un frontone triangolare sormontato da tre pinnacoli in pietra. Il corpo centrale si raccorda a quelle laterali mediante volute sormontate da pinnacoli piramidali in pietra. Sul fianco sinistro s'intravvedono parte dell'abside dell'antica chiesa romanica ed i contrafforti quattrocenteschi. L'interno venne mirabilmente affrescato da Giovan Battista Zaist e Giovan Angelo Borroni. Quest'ultimo affrescò, nella cupola, quattro Storie della Vita di S.Omobono, disposte lungo le pareti del tiburio, mentre nella calotta la Gloria del Santo. Le quadrature che contornano gli affreschi sono opera dello Zaist. L'altare maggiore con la sua preziosa cromia di marmi preziosi e la transenna in ferro battuto completano l'insieme stilisticamente unitario, dal quale si distacca la pala raffigurante S.Omobono che discute con gli Eretici, opera cinquecentesca di Giovan Battista Trotti. A sinistra dell'altare maggiore si trova quello dedicata a S.Omobono con una piccola tela raffigurante l'Adorazione dei Magi, inserita nella cimasa dell'ancona, attribuita a Giulio Campi. Nella navata destra, partendo dall'ingresso, si trova una pala raffigurante Cristo che si accomiata da Maria, di Angelo Massarotti. Al terzo altare si può ammirare la pala con la Vergine ed i SS. Antonio Abate e Carlo Borromeo, opera del 1611 di G.B. Lodi. Nella navata sinistra, partendo dal presbiterio, si possono ammirare un'Annunciazione, opera del 1572 di Bernardino Campi, ed un Crocifisso romanico davanti al quale pregava e morì, secondo la tradizione, S.Omobono. Per visitare la chiesa rivolgersi al personale della chiesa di S.Agostino.

* * *

Un pomeriggio organistico in Sant'Omobono

di Paolo Zanoni

Cremona - Il forestiero che frequenta Cremona e ci passa davanti
incuriosito, probabilmente non ne ha mai visto l’interno. Gli stessi
abitanti della città hanno poche occasioni per visitarla. Si sta
parlando dall’antica (secondo la tradizione venne fondata nel 1120)
chiesa dedicata ai Santi Egidio ed Omobono che prospetta con la sua
facciata e il sagrato in acciottolato, sull’omonima piazza.

Angolo davvero evocativo di vita e di fede d’altri tempi che armonizza
in un unico quadro elementi medievali, rinascimentali e del primo
Seicento. Le due ieratiche sculture raffiguranti Sant’Omobono (a
destra) e il vescovo Sicardo (a sinistra), appiattite come sentinelle
nelle nicchie ai lati del portale, contribuiscono ad infittire il
mistero, a scaldare la fantasia, a tenere desta la voglia di mettere
gli occhi oltre l’ermetica clausura.

L’occasione per entrarci l’ha fornita il recente restauro dell’organo
del XVII secolo, ampliato nel 1733. Ne hanno subito approfittato gli
intraprendenti giovani maestri del Comitato Organistico Cremonese per
proporre un raffinato programma di concerti che prevede, insieme alla
musica, un intrigante viaggio a puntate per spiegare le virtù, davvero
rare, dello strumento.

Perché dalle canne restaurate dalle maestranze della ditta cremasca
Pacifico Inzoli dei Fratelli Bonizzi, scaturiscono come zampilli
d’acqua fresca, preziosi suoni barocchi capaci di condurre per mano
l’anima nelle scintillanti atmosfere di quei secoli. Gli occhi poi non
conoscono tregua nell’inseguire le trame senza soluzione degli
affreschi e i giochi di luce che filtrando dalle finestre del tiburio
ottagonale, disegnano chiari e scuri nell’intimità delle navate. Ma non
è intenzione nostra quella di descrivere le meraviglie di una chiesa
che si riveleranno da sé.

Tante sono le sorprese custodite al suo interno e chissà quante altre
nasconde ancora, anche agli studiosi, la cripta con le sue sepolture.
Chi volesse saperne di più non ha che da bussare alla porta di Don
Felice Bosio, parroco di Sant’Agostino, che della chiesa dei Santi
Egidio ed Omobono conosce proprio tutto, ed anche di più. Dopo i
concerti è lui a prendere per mano gli spettatori e a deliziarli con i
suoi coinvolgenti percorsi a tappe che narrano di storia, di arte, di
devozione.

Si rimane in silenzio ad ascoltare, godendo fino in fondo lo svolgersi
degli intrecci di vita e di cultura che l’abilità narrativa
dell’anziano sacerdote sa porgere per la comprensione di tutti. Tra le
cose interessanti del tempio, l’attenzione viene calamitata da due
statue che campeggiano sopra i rispettivi altari lungo la navata di
sinistra. La prima rappresenta Sant’Omobono nell’atto di dispensare due
monete di elemosina ad altrettanti bambini poveri. I cremonesi sanno
tutto di questo santo proclamato patrono della città dal Consiglio
generale del comune nel 1643.

Per tutti gli altri è utile qualche cenno biografico. Omobono
Tucenghi, di professione mercante di panni, abitava nei paraggi della
chiesa, allora dedicata a Sant’Egidio. Il suo quartiere, sorto fuori le
mura, era lambito nel XII secolo dal corso del Po, in seguito
ritiratosi più a sud. Sulla sua sponda attraccavano e partivano
imbarcazioni mercantili che favorivano scambi e attività, producendo
ricchezza. Omobono stesso, piuttosto abile negli affari, era diventato
benestante vendendo stoffe e vestiti ai nobili e ai borghesi visitando
i loro palazzi del centro cittadino.

Cremona era allora attraversata da lotte intestine tra le fazioni che
parteggiavano per l’Impero o che reclamavano l’autonomia. Ad un certo
punto della sua vita, rimasto solo con la moglie e senza figli, il
ricco mercante si interroga sul suo destino e sull’utilità dei beni che
ha onestamente accumulato. Omobono sceglie di tornare allo spirito
primitivo della Chiesa. I suoi soldi spettano di diritto ai poveri e
devono servire a soccorrere la moltitudine dei miseri.

La sua vita, fattasi austera, è divisa tra la preghiera assidua nella
chiesa del suo quartiere e le opere di carità. Se prima era rispettato
per lo status che aveva saputo conquistare, ora viene amato da tutti
per la sua generosità e bontà d’animo. Il 13 novembre 1197 Omobono
assiste, come tutti i giorni, alla messa mattutina nella sua chiesa. Ad
un tratto il suo volto impallidisce e le sue membra si afflosciano. Chi
lo soccorre si accorge subito che è morto, senza un lamento, rapito ai
vivi nella serenità.

La sua scomparsa improvvisa scuote la città; lo piangono i poveri e lo
invocano tutti. Subito si diffondono voci di miracoli avvenuti per sua
intercessione e si moltiplicano i pellegrinaggi sulla sua tomba. La
fama di santità dilaga in breve tempo, tanto che Innocenzo III, su
insistenza del vescovo Sicardo e di una rappresentanza comunale, lo
canonizza il 13 gennaio 1199, a meno di due anni dalla morte. Omobono
sale all’onore degli altari come santo laico, da commerciante del ramo
tessile.

Per questo egli è venerato come protettore di mercanti, lavoratori
tessili e sarti. Non meno popolare di Omobono è Felice da Cantalice,
raffigurato nella seconda statua accennata, santo contadino della
Sabina che, indossato a 30 anni il saio dei Cappuccini, visse umilmente
di preghiere, visitando gli infermi e percorrendo per quaranta anni le
vie di Roma questuando in favore dei poveri. Amato dai semplici, era
chiamato frate Deo gratias per il motto che costituiva il suo saluto
abituale.

Amico fraterno di San Filippo Neri e in cordiali rapporti con San
Carlo Borromeo, che amava conversare con lui, fu ricercato consigliere
spirituale dei potenti e interpellato dalla gente comune che ne
apprezzava la saggezza e lo stile pratico, pur non annoverando studi e
non essendo consacrato alla vita sacerdotale. Ma come ha potuto un
santo così lontano dalla tradizione contadina padana entrare nelle
grazie dei cremonesi? L’arcano è subito svelato.

San Felice venne canonizzato da Clemente XI nel 1712, in un periodo in
cui stava prendendo piede l’allevamento del baco da seta, anche se le
tecniche non ancora affinate potevano frequentemente causare
consistenti perdite di prodotto. L’esperienza accumulata dal santo
contadino gli aveva fatto scoprire le virtù delle foglie di gelso. Il
loro utilizzo scongiurava quasi del tutto la malattia del calcino che
interdiva ai bachi la formazione dei bozzoli e la seta risultava di
ottima qualità.

Bisogna infatti sapere che nel Cinquecento ai bachi venivano
somministrate le foglie di salice, che tanti inconvenienti apportavano,
tra cui il calcino, per le sostanze in esse contenute. Per questo i
proprietari terrieri e i contadini che nella buona riuscita delle
galette fondavano le proprie fortune e la speranza di una vita meno
grama, eressero a San Felice di Cantalice un altare nella chiesa di
Sant’Omobono. E il 18 maggio, giorno della sua festa, nel fervore
dell’attività bacologia, era un grande accorrere a pregarvi ed a
accendervi ceri votivi.

Terminata poi la stagione del raccolto, specialmente quanto esso
riusciva abbondante, venivano fatte offerte in bozzoli e in denaro,
quale segno di ringraziamento. Finché ha prosperato la rurale attività
della seta, San Felice ha goduto in Cremona di una radicata devozione e
la bisaccia gonfia che in effigie pende dalle sue spalle, sta ad
indicare i doni in natura raccolti come pegno di riconoscenza.

Queste ed altre curiosità, dispensate con semplicità da un anziano
sacerdote, oltre alla deliziosa musica barocca, si possono udire nei
Pomeriggi Organistici in Sant’Omobono. E noi bresciani di confine, che
di Cremona siamo ospiti assidui, non possiamo che essere grati a chi ci
partecipa disinteressatamente queste perle di cultura.

[Domenica 6 febbraio 2005, in occasione di uno dei "Pomeriggi Organistici in S. Omobono" promossi dal Comitato Organistico Cremonese diretto da Paolo Bottini]




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LA CHIESA DEI Santi EGIDIO E OMOBONO
in Cremona
(piazza S. Omobono, laterale via Ruggero Manna)



Secondo la tradizione, la chiesa venne eretta nel 1120 dal vescovo Oberto con il titolo di S.Egidio. Nel 1363 vi venne aggiunto quello di S.Omobono patrono di Cremona, che qui vi trovò la morte il 13 novembre del 1197. La chiesa venne rinnovata nel XVI secolo per opera degli architetti Guglielmo e Bernardino De Lera i quali edificarono il tiburio ottagonale ed aggiunsero i contrafforti lungo le pareti laterali. Nel 1602 la facciata venne rifatta dall'architetto Giuseppe Dattaro il quale la ripartì entro lesene tuscaniche in cotto, che incorniciano le superfici rivestite da un bugnato semplice e interrotte dalle nicchie entro cui sono alloggiate le sculture romaniche raffiguranti S.Omobono, a destra, ed il Vescovo Sicardo a sinistra. Il corpo centrale è ravvivato dall'elegante portale sormontato da un frontone arcuato, con finestra a serliana nella parte superiore. Conclude il corpo un frontone triangolare sormontato da tre pinnacoli in pietra. Il corpo centrale si raccorda a quelle laterali mediante volute sormontate da pinnacoli piramidali in pietra. Sul fianco sinistro s'intravvedono parte dell'abside dell'antica chiesa romanica ed i contrafforti quattrocenteschi. L'interno venne mirabilmente affrescato da Giovan Battista Zaist e Giovan Angelo Borroni. Quest'ultimo affrescò, nella cupola, quattro Storie della Vita di S.Omobono, disposte lungo le pareti del tiburio, mentre nella calotta la Gloria del Santo. Le quadrature che contornano gli affreschi sono opera dello Zaist. L'altare maggiore con la sua preziosa cromia di marmi preziosi e la transenna in ferro battuto completano l'insieme stilisticamente unitario, dal quale si distacca la pala raffigurante S.Omobono che discute con gli Eretici, opera cinquecentesca di Giovan Battista Trotti. A sinistra dell'altare maggiore si trova quello dedicata a S.Omobono con una piccola tela raffigurante l'Adorazione dei Magi, inserita nella cimasa dell'ancona, attribuita a Giulio Campi. Nella navata destra, partendo dall'ingresso, si trova una pala raffigurante Cristo che si accomiata da Maria, di Angelo Massarotti. Al terzo altare si può ammirare la pala con la Vergine ed i SS. Antonio Abate e Carlo Borromeo, opera del 1611 di G.B. Lodi. Nella navata sinistra, partendo dal presbiterio, si possono ammirare un'Annunciazione, opera del 1572 di Bernardino Campi, ed un Crocifisso romanico davanti al quale pregava e morì, secondo la tradizione, S.Omobono. Per visitare la chiesa rivolgersi al parroco della parrocchia di S. Agostino.



Per ordinare una copia del c.d. con l'organo di S. Omobono (euro 12, spese spedizione incluse), scrivere una lettera elettronica a organicremonesiCHIOCCIOLAaruba.it